martedì 18 marzo 2014

ORE 02.06

Sono chiusa in camera a vomitare nel cestino della spazzatura chili di cibo.

MI. FACCIO. SCHIFO.

lunedì 17 marzo 2014

NON CE LA FACCIO PIU'.

Avrete pensato che fossi morta.
In un certo senso è così, ma QUANTO morta non lo so. Potesse esserci un misuratore del grado di mortalità, penso che sarei ad un livello elevato. Invece purtroppo a questo mondo la definizione di morte è univoca e per questa società io sono ancora biologicamente viva. 
Forse fisicamente un po' deperita, ma ancora viva.
Sarò sincera: non ho sentito il bisogno di scrivere per molto tempo, perché per molto tempo ho continuato a ingoiare il dolore quotidiano nella speranza che quello che stessi facendo mi portasse almeno un po' di sollievo e felicità. Invece non è successo niente, anzi le cose sono andate peggiorando fino ad ora, fino a distruggermi e a privarmi di qualsiasi capacità di sorridere alla vita.
Sono successe così tante cose da quando ho scritto l'ultima volta. E' passato un mese e mezzo. Vi ho lasciato che pesavo 60 kili, torno che ne peso 53. 
Non mangio, non mi va più.
Oppure mi abbuffo, poi mi chiudo in bagno, apro il rubinetto, bevo fiotti d'acqua fino a sentire lo stomaco che scoppia e vomito. Vomito tutto. Insieme al cibo vomito i dolori e i rimpianti di giornate tristi, accumulate tutte sul mio stomaco. Vomito il dolore per quel ragazzo che, un mese fa, mi ha strappato quella verginità che da 20 anni custodivo come il bene più prezioso, usandola e calpestandola a suo piacere.
Vomito l'ansia di attendere il giorno in cui l'ultima udienza del ricorso che ho vinto deciderà se posso sentirmi definitivamente una studentessa di medicina, anche se tutti mi dicono che è solo una proforma. 
Vomito il fastidio che causo a tutta la mia famiglia, che, come un brutto sortilegio, si riflette su di me e mi costringe a letto giornate intere. 
Ho tutto, ma non ho niente.
Più sparisco, più mi sento ingombrante.
La bilancia è la mia migliore amica, compagna fedele che gli ultimi mesi mi ha dato solo soddisfazioni.
La psichiatra mi ha messo alle strette: una lista di ordini che già sa che non rispetterò mai. Non da sola.
"BUTTA LA BILANCIA.
MANGIA NORMALE.
SMETTI DI VOMITARE.
SE CONTINUI COSI', L'UNICA VIA E' IL TSO".

E io mi barcameno in questo delirio malato di effimera onnipotenza.

Io non mangio, non ne ho bisogno. O almeno credo.
Digiuno giornate intere, ma non lo faccio nemmeno più per il peso. Il peso scende? bene, sono contenta, o forse no, o forse mi lascia indifferente.

Vomito pezzi di vita calpestati, trinciati, rovinati per sempre.

E non mi rendo conto che quella vita che butto nel cesso è la mia, che nessuno me la darà indietro e che ci sono cose a cui non si può rimediare, come il dolore all'esofago, segno evidente di una esofagite in arrivo, il dolore ai muscoli, il corpo intero che non perdona. 
Ma io continuo, non lo so perché. 
Loro continuano a fare domande, e io continuo a dire che le risposte non ce le ho. Perché é vero: non ci sono risposte, ci sono solo fatti e avvenimenti che accadono.
Il perché non cambia niente, non cambia le conseguenze. L'avvenire avviene e basta, fine della storia.
Forse questo è il mio destino, morire di fame.