lunedì 11 novembre 2013

Aspettando un riscatto.

Notte fonda. Le buone regole dicono che a quest'ora si dovrebbe dormire invece di starsene davanti al computer tentando di mettere per iscritto quegli stracci di sentimento che mi rimangono. Che poi forse in realtà dormire sarebbe molto meglio, almeno non starei a far ruotare il cervello sulle solite fisse che mi assillano da ormai più di un anno.
Dormirei se non fosse che vengo appena appena da una delle mie solite crisi bulimiche notturne che mi hanno mandato completamente in tilt, rattristandomi e sfinendomi fisicamente e psicologicamente.
Ormai è questione di routine.
Non si tratta nemmeno più tanto del peso. Anzi, pur mangiando e vomitando questa settimana sono dimagrita un chilo. I chili adesso c'entrano relativamente, sono solo quella variabile che ogni mattina mi diverto a tenere sotto controllo, che mi dà la carica per partire col piede giusto ogni giorno.
Il fatto è che adesso come adesso, il disturbo alimentare è in compenetrazione con le fibre del mio corpo, con l'essenza del mio essere. E' l'espressione con cui realizzo i miei malesseri, le mie delusioni in tutti i campi della mia vita. Le cose non vanno bene? Ed ecco che io incanalo tutta la mia negatività in quei gesti compulsivi che ormai mi sono tanto familiari. La verità è che non posso farne a meno, non ci riesco. E' una droga pericolosa che mi lacera in silenzio, facendo false promesse, per poi non mantenerle mai a lungo termine.
Mi piace farlo. Mi piace da morire. Ormai non piango più, non mi dibatto come una forsennata, non sto a pensare alle calorie ingurgitate dopo un'abbuffata. Ma corro subito al bagno. Non mi dimeno, non oppongo resistenza. Tutte le mie difese crollano di fronte a quell'insaziabile voglia di liberarmi dal cibo ingerito, e insieme a quello da tutto il male che mi marcisce dentro.
Devo essere sincera? A volte mangio perché ho proprio voglia di qualcosa che mi sono negata a lungo. Ma in proporzione sono molte più le volte che mangio per poi vomitare, per sentire quel languore successivo allo sforzo, quello stomaco brontolante che sembra suggerirti: "Si, hai ancora il controllo su tutto, non temere, sei tu a gestire il tuo corpo."
Poi se ci penso un po' mi rendo conto che è lui a gestire me; è il mio ego malato, ferito, dilaniato a voler predominare, a tendermi gli agguati, seppellendo a poco a poco quello che della me genuina è rimasto.
E io soccombo.
Soccombo senza rendermene conto, perché credo che sia questo il mio destino.
Mentre aspetto in silenzio un riscatto personale, una soddisfazione che possa dirmi che valgo ancora qualcosa, che non tutto è perduto e che la vita vale la pena di essere vissuta. Voglio riscattarmi. Che sia entrare a Medicina o dimagrire ancora, voglio che mi accada qualcosa che possa rendermi degna di stare ancora su questa Terra.

4 commenti:

  1. Sono sempre molto colpita dal vuoto che trasmette questo blog. Vorrei dirti una cosa : non sei un eccezione rara. Hai un comportamento bulimico da manuale e per questo posso dirti che probabilmente nn andrà mai via del tutto , ma se nn altro PUOI l, e ripeto PUOI , fare qualcosa . Puoi migliorare e tirarti fuori da questo punto morto.

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  2. Cara mi spiace leggere che le cose non sono migliorate.
    Il tuo primo obiettivo deve essere iniziare a stre meglio..
    Forza cara!

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  3. "Se si vuole davvero cambiare qualcosa, bisogna cominciare a cambiare se stessi, andare contro se stessi fino in fondo [...] "

    - Carmelo Bene


    E' tutto nelle tue mani... E anche se non ci credi, io so che puoi farcela.
    Non mollare <3

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  4. Non sai quanto mi dispiace leggerti così :-(

    Non rassegnarti a questa non-vita.

    Un bacione

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